Le Ancelle, consacrate al servizio degli ospiti, sono donne consacrate con lievi disabilità: un ordine nato in sacra Famiglia

A Cesano Boscone sono rimaste le ultime due ancelle di Sacra Famiglia, Carla (88 anni) e Angela (79), uniche sopravvissute della Comunità religiosa fondata da monsignor Luigi Moneta nel 1928 che arrivò ad annoverare decine di ragazze che desideravano consacrare la loro vita a Dio ma non avevano speranze di poter entrare, a causa di lievi disabilità, negli Ordini religiosi tradizionali. «A 15 anni ho capito che volevo farmi suora», inizia a raccontare Angela, originaria di Neive, in provincia di Cuneo, a Cesano dal 1961. «Ma nessuno mi voleva per la mia gamba malata. Poi un giorno le monache di clausura di Alba mi dissero che a Milano c’era monsignor Moneta che prendeva quelle come me. La mia ultima speranza». Allegra, tenace, un po’ burbera, occhi azzurrissimi e risata contagiosa, Angela racconta la sua storia: ultima (con un gemello maschio) di sette figli, anima semplice e schietta, dopo pochi anni di scuola perde la mamma e trascorre cinque anni tra le “orfanelle” dei padri Giuseppini di Asti, dove matura la vocazione. Fino all’arrivo, a 21 anni, in Sacra Famiglia, senza timori per la nuova vita lontano da casa perché «era stata chiamata». Come Carla e le altre ancelle (fino a vent’anni fa era normale incontrarle ovunque in Fondazione), Angela ricorda una vita fatta di messa quotidiana e preghiera, ma anche di tanto lavoro e condivisione quotidiana con gli ospiti, grandi e piccoli, per i quali ha speso la vita. E anche oggi, che le gambe ormai immobili la costringono a vivere in carrozzina, non ha perso l’occhio attento ai bisogni degli altri, e impartisce ordini agli accompagnatori e ai volontari («gira di qui, spostati, lascia passare») come fosse ancora uno dei cardini del reparto.

La storia delle ancelle si è chiusa in pratica lo scorso 22 dicembre, quando alla soglia dei 90 anni è mancata ancella Cecilia, bergamasca energica e vero traino delle altre due. Sotto i tre componenti, infatti, una comunità religiosa cessa automaticamente di esistere.

Ma Carla non lo sa. Continua a pregare davanti alla statua della Madonna e ogni mattina, quando si sveglia, bacia la terra dove poggia i piedi. «Non sappiamo perché lo fa», sospirano gli operatori, che hanno tentato invano di convincerla a lasciar perdere, casomai si facesse male. Ma vedendola cantare ispirata all’ora di pranzo l’inno della Sacra Famiglia, con gli occhi di chi già vede quel che non si vede, si capisce che lei lo sa.