Accolgo la vita che ho
Accolgo la vita che ho
Il fratello Franco lo definisce «speciale». E lui lo è davvero: nato con la sindrome di Prader-Willy, ha sempre voluto vivere al massimo. Tra lavoro, amici, musica, tanta autoironia e un irresistibile sorriso
Paolo, «60 anni compiuti il 3 gennaio, al santa Teresina dal 16 febbraio 2022», come ci dice lui stesso con un’espressione sorniona e un sorriso che non lo abbandona mai. Accanto a lui c’è il fratello Franco («È d’oro», dice di lui Paolo). Il loro rapporto è strettissimo.
La sua “malattia” quando era piccolo non aveva un nome, ma oggi ce l’ha: è la Sindrome di Prader Willi, i cui effetti hanno portato il nostro Paolo per cinque volte in rianimazione, dopo un infarto e diversi episodi di insufficienza renale e respiratoria.
IL CIBO, GIOIA E PROBLEMA
Lavorava, Paolo, come archivista, alla Fiocchi Munizioni. Una vita regolare fatta di ufficio, casa e tanti hobby (musica, nuoto e libri), ma anche determinata da una delle principali caratteristiche della Sindrome: la fame insaziabile. Paolo ci ride su. «Sono capace di svuotare un frigo in un’ora. Da problema oggettivo che mina la sua salute e condiziona alcune scelte di vita, l’impossibilità di saziarsi diventa anche, negli anni, un elemento che rende Paolo «un personaggio», come lo definisce Franco. Impossibile non notare, a Lecco, quel signore con il viso tondo e l’espressione compiaciuta.
NON RASSEGNAZIONE, MA SAGGEZZA
Paolo nelle varie vicissitudini della sua vita mantiene quello che per Franco è «un comportamento che insegna tanto, a chiunque». È speciale». Paolo accetta la sua condizione, comprende di non poter fare tutto, e non pretende. Accoglie. A volte sopporta, altre volte si rassegna – come quando il sogno di entrare in seminario si infrange davanti a un rifiuto per motivi di salute.
Speciale, Paolo, lo è davvero anche qui, all’Unità Santa Teresina di Sacra Famiglia. Nonostante le difficoltà motorie, non sta mai fermo: «Faccio musicoterapia, pittura, ceramica, pet visiting con un labrador, catechesi, compostaggio, ginnastica APA, il gruppo-parola con la psicologa», snocciola non senza un certo orgoglio.
Qui ha trovato davvero una seconda casa. «Quando sono arrivato in Sacra Famiglia ho capito che era il posto giusto per lui», ricorda Franco. «L’ambiente è sereno, le persone aperte, accoglienti e disponibili. E poi mi è bastato vederlo contento. Questo ci ha sollevato, perché avevamo tanti scrupoli… invece ho la sensazione che si trovi meglio qui che a casa mia». Paolo regala l’ennesimo sorriso e annuisce convinto.

