Siblings, la restituzione
Si è concluso in Sacra Famiglia il primo ciclo di incontri organizzato da fondazione per i Siblings, i fratelli e le sorelle di bambini e ragazzi autistici o con disabilità.
Il tema è di grande attualità: negli ultimi anni infatti si sono moltiplicati, anche in Italia, i percorsi di supporto per chi è si confronta con un fratello o una sorella disabile. Fondazione Sacra Famiglia ha organizzato gli incontri suddividendoli per le età dei partecipanti, a partire dai piccoli di 6 anni fino ai ventenni; in tutto sono stati una dozzina i ragazzi che hanno frequentato il percorso, condotto dalle psicologhe Cecilia Carenzi, Paola Lotti e Stefania Vacca. E proprio a Carenzi e Lotti abbiamo rivolto alcune domande per tracciare un bilancio dell’esperienza che, vista la grande richiesta, tornerà presto con una seconda edizione.
Il progetto Siblings si avvia a conclusione. Come è andata?
Lotti: È stata una bellissima esperienza, sia per noi che per i ragazzi che vi hanno preso parte. Il clima è stato coinvolgente e positivo, tanto è vero che i partecipanti si sono sentiti liberi di esprimere contenuti intimi e significativi. Se non si fossero fidati, non sarebbe successo.
Carenzi: Per loro è stato fondamentale avere uno spazio dedicato, anche perché hanno ben presente che i fratelli con disabilità hanno continuamente spazi e posti dedicati, loro no. Hanno capito che era «il loro momento», nel quale essere ascoltati ma anche conoscere di più sé stessi e la loro storia personale, certo in relazione a quella dei fratelli, ma centrata sul loro vissuto.
Quali difficoltà sono emerse?
Lotti: Molti hanno la sensazione che il fratello con disabilità sia «al primo posto», ma non lo dicono con rabbia o risentimento, piuttosto con una profonda consapevolezza. Altri esprimono sentimenti di vergogna quando i fratelli mettono in atto comportamenti bizzarri o poco accettati, mentre in altri casi sono emersi sensi di colpa per le belle esperienze che loro possono vivere e i fratelli no.
Carenzi: I ragazzi che hanno partecipato a questi primi incontri hanno mostrato una forte sensibilità molto probabilmente vissuta in famiglia, abbiamo intenzione di riproporre il percorso per consentire anche ad altri di sperimentare uno spazio proprio e per sostenere le famiglie nell’affiancare al meglio i loro figli.
Come li avete aiutati?
Lotti: Dopo averli ascoltati, in molti casi abbiamo legittimato i loro sentimenti e le loro sensazioni, anche negative. La rabbia, la vergogna, perfino il desiderio a volte di scappare a volte sono vissuti emotivi leciti, che possono capitare: molti avevano bisogno di sentirselo dire.
Carenzi: Sì, hanno apprezzato la possibilità di tirare fuori contenuti emotivi negativi senza ricevere un giudizio o una stigmatizzazione. Il progetto Siblings nasce anche per questo, per offrire uno spazio di confronto libero e aperto.
Cosa potremmo dire ai futuri partecipanti al prossimo corso? Cosa possono aspettarsi di trovare?
Lotti: Troveranno un luogo dove ci sono ragazzini come loro, dove liberarsi dall’idea sia di essere gli unici, sia di dover essere i “fratelli perfetti”. Un luogo dove poter essere semplicemente sé stessi.
Carenzi: Non vi promettiamo un posto dove avere subito tutte le risposte, ma dove fare tutte le domande, quello sì.