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Alzheimer: la storia di Franco

Alzheimer: la storia di Franco

Quella di Franco è stata una lunga convivenza con un nemico insidioso: l’Alzheimer

Nel 2010, racconta la moglie Annamaria, i primi segnali di difficoltà a ricordare, i primi ragionamenti diversi dal solito: per Franco, psicologo, è un segnale di allarme preciso. Lui lo coglie immediatamente, ma questa improvvisa rivelazione lo lascia disarmato e incapace di reagire per molti anni.

Nel 2019 la diagnosi: malattia di Alzheimer.

A quel punto Franco, che non è più in grado di comprendere fino in fondo l’entità del problema, e la sua famiglia cercano un Centro Diurno, e approdano al CDI Villa Sormani di Sacra Famiglia.

“Ho sentito un sostegno che non immaginavo, da parte di persone straordinarie, che coglievano la mia fatica le mie richieste di aiuto, perfino quelle che non riuscivo a esprimere”, racconta Anna Maria.

L’Alzheimer è una malattia insidiosa, che trasforma le persone e a volte le rende aggressive, difficili da trattare. A inizio 2023 Franco viene accolto nella RSA San Pietro perché i suoi bisogni sanitari non potevano essere soddisfatti da una struttura esterna: “Voleva stare solo in Sacra Famiglia, in ospedale si agitava, in casa non eravamo più in grado di curarlo. Il passaggio è stato doloroso per me, ma nessuno degli operatori mi ha mai spinto a farlo. Hanno rispettato i nostri tempi. Sono grata anche di questo”.

Franco è mancato la scorsa primavera. “Si sentiva a casa. Era sereno, percepiva che l’atmosfera era rilassata e piena di affetto per lui e gli altri ospiti.”

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Il supporto delle fotografie nell’Alzheimer

Il supporto delle fotografie nell’Alzheimer

Oggi vi raccontiamo alcune attività da fare con il vostro caro attraverso l’uso delle fotografie.

L’attività in questione ha una duplice funzione:

  • Svago, cioè di passare un po’ di tempo insieme al vostro familiare
  • Aiutare a stimolare la memoria e le funzioni cognitive

 

Cosa fare:

  • Come prima cosa raccogliete delle fotografie, alcune vecchie, altre più recenti che ritraggono il vostro caro con familiari, parenti, amici o in momenti significativi della sua vita.
  • Guardandole una alla volta cercate in modo tranquillo di sollecitare nel vostro familiare una narrazione libera.
  • Un altro esercizio consigliato è quello di riordinare insieme le fotografie in ordine cronologico e di creare insieme un album personale da utilizzare più volte per sviluppare la memoria autobiografica.

 

Infine un’attività piacevole da fare insieme a lui è fargli scegliere le foto a cui è più affezionato e riporle in una scatola o in un contenitore di suo gradimento, in modo che possa accedervi ogni volta che ne senta la necessità.

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Il supporto della musica nell’Alzheimer

Il supporto della musica nell’Alzheimer

La musica è un importantissimo strumento per la persona con Alzheimer. Le note musicali hanno infatti la funzione di rilassare e coinvolgere il nostro caro.

 

Ecco alcuni suggerimenti per utilizzarla nel modo corretto:

  • Scegliere la colonna sonora giusta immedesimandosi nel proprio caro: che musica gli piaceva?
  • Scegliere delle canzoni che possano essere collocabili a livello temporale o in periodi particolarmente significativi della sua vita
  • Non selezionare la musica sui propri gusti.
  • Non scegliere canzoni particolarmente moderne, ma canzoni che il proprio caro era solito ascoltare

 

I benefici sono comprovati e sostenuti da ricerche e dalla letteratura. I principali sono i seguenti:

1) Ascoltare la musica induce il rilassamento, può ridurre gli stati ansiosi e contenere i disordini comportamentali

2) La musica emoziona. Da vita a ricordi e sensazioni emotive che portano la persona ad agganciarsi alla realtà (anche se nel passato).

3) La musica è un importante strumento comunicativo e di condivisione con il nostro caro

4) Musica come strumento di attivazione: si può cantare insieme, tenere il ritmo battendo le mani. E’ uno strumento per coinvolgere e attivare.

 

Hai bisogno di aiuto? Scrivici ora!

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Robotic pet therapy: Il gatto robotico

Robotic pet therapy

Immaginate un gatto o un cane che non abbia bisogno di cibo e ciotole, ma interpreti perfettamente il suo ruolo di compagno affettuoso per elargire coccole ed emozioni positive a tutti coloro che interagiscono con lui.

Il robotic pet è tutto questo!

L’obiettivo principale della Robotic Pet therapy è il miglioramento dell’autonomia personale, comportamentale, emotivo-relazionale della persona tramite l’interazione con l’animale robotico.

Il gatto robotico è anche utilizzato come facilitatore per aiutare l’individuo fragile ad assumere le terapie farmacologiche, favorendo così il controllo del comportamento oppositivo/aggressivo che viene attenuato dall’emozione positiva scaturita dal contatto con l’animale. Attraverso la memoria emotiva inconscia – determinata dai neuroni a specchio – l’assunzione del farmaco verrà così associata ad uno stato di serenità e di tranquillità del soggetto.

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L’ApproccioCapacitante Dalla parte dei più fragili e delle famiglie

L’ApproccioCapacitante

Dalla parte dei più fragili e delle famiglie

La persona anziana porta con sé una storia, relazioni, competenze e bisogni unici, speciali.

Valorizzare le capacità della persona anziana, supportare le autonomie, seppur piccole, e mantenere vive le relazioni con gli altri, è fondamentale per il benessere e la qualità della vita.

In Fondazione Sacra Famiglia, la persona fragile è sempre al centro dello sguardo di medici, infermieri, operatori ed educatori che insieme trovano risposte personalizzate a ciascun bisogno e mettono a punto un PAI-Progetto Assistenziale Individualizzato.

Fondazione Sacra Famiglia utilizza l’approccio capacitante come metodo di cura nell’assistenza delle persone fragili che ha tra i suoi fondamenti: l’ascolto, l’osservazione e l’uso professionale del sé, delle proprie parole e della propria gestualità.

 

«Alleanza terapeutica»

L’ApproccioCapacitante, che affonda le radici nel concetto di «alleanza terapeutica», vuole creare nelle Rsa un ambiente in cui ciascuno possa esercitare le competenze elementari di cui dispone così come può, senza sentirsi in errore, giudicato o emarginato.

Le competenze elementari considerate sono cinque: la competenza a parlare, cioè a produrre parole, indipendentemente dal loro significato; la competenza a comunicare, mediante il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale; la competenza emotiva, il provare emozioni, condividerle e riconoscere quelle dell’interlocutore; la competenza a “contrattare” sulle cose che ci riguardano nella vita quotidiana; la competenza a decidere, anche in presenza di deficit cognitivi e in contesti di ridotta libertà decisionale, dove a volte questa competenza si manifesta anche con atteggiamento di opposizione, di chiusura e di isolamento.

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I 12 passi verso una “convivenza sufficientemente felice”

  1. Non fare domande chiuse
  2. Non correggere, ma motivare
  3. Non interrompere o completare
  4. Ascoltare
  5. Accompagnare con le parole
  6. Rispondere alle domande
  7. Comunicare anche con i gesti
  8. Riconoscere le emozioni
  9. Rispondere alle richieste
  10. Accettare che faccia quello che fa
  11. Accettare la malattia e il malato così com’è ora
  12. Occuparsi anche del proprio benessere
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