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Storie di donne

Oggi vi raccontiamo la storia di due donne ospiti della CPA (Comunità Protetta ad Alta assistenza) di Sacra Famiglia.

“Ho scelto il pallone perché c’è dentro tutta la mia famiglia, soprattutto mio padre, i miei fratelli e mia nonna. È rotondo, grande come il mondo, come il bene che voglio a tutti. Ed è un ricordo di quando giocavo a basket da piccola, mentre qui in Sacra Famiglia gioco a calcio. Mia mamma se n’è andata di casa quando ero bambina, io a 6 anni ero già in comunità e poi ho girato tanti posti. Non sempre mi sono trovata bene, e ho combinato un po’ di disastri, anche perché spesso mi arrabbio. Sono in Sacra famiglia da anni, quindi presto per me si aprirà un nuovo percorso; questo un po’ mi spaventa. Il mio sogno sarebbe tornare dalla mia famiglia, ma se non si può fare, cercherò di accettare quello che è possibile. Anche se non è facile”, ci racconta Michela.

“Mi piacciono tantissimo questi fiori perché me li ha regalati mio papà un giorno che eravamo usciti insieme. Mio papà lavora come giardiniere all’ospedale San Raffaele, dove una volta c’erano anche tanti animali in una specie di zoo. lo ci andavo da piccola e mi sentivo felice. Poi sono stata molto male, due anni fa mi hanno ricoverato in ospedale, ma non ci voglio più tornare. Vedevo tutto nero, avevo attacchi di panico, fumavo tutto il giorno, non mi piaceva stare così. In questo periodo sto bene, sto migliorando e voglio andare avanti. Il mio sogno è vivere in un appartamento protetto, in modo da organizzarmi e andare a trovare mio papà. Lui vorrebbe comprarmi un appartamento tutto mio, ma non mi sento pronta. E vorrei avere degli amici”, ci dice Chiara.

Nelle storie di Michela e Chiara emerge il desiderio di stare bene, essere accolte, trovare la serenità… stare bene.

Grazie per la testimonianza! 

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Due anelli: la storia di Tatiana

Oggi vi raccontiamo la storia di Tatiana, ospite della CPA (Comunità Protetta ad Alta assistenza) di Sacra Famiglia.

In questa storia emergono le emozioni e il passato di una donna che desidera stare bene, essere accolta, dire la sua, trovare la serenità… in una parola, essere felice!

“Questi anelli rappresentano le persone più care che ho, racconta Tatiana. Uno me l’ha regalato il mio ragazzo, Michele, che vive anche lui in Sacra Famiglia. L’altro me l’hanno regalato i miei genitori, mio figlio e mia nonna. Sono in questa Comunità da due anni, prima ero in ospedale ma non mi piaceva; qui ho trovato delle amiche come Michela e Chiara con cui sto bene. La cosa che mi fa più soffrire è che gli altri possano pensare che ho qualcosa che non va: quando esco mi sento gli occhi di tutti addosso e non è una bella sensazione. Mi fa sentire sbagliata. Il mio sogno sarebbe di fare la moglie, cosa che non sono riuscita a fare perché sono sempre stata figlia, anche quando ero sposata, perché vivevo in casa con i miei. Vorrei riprovarci.”

Grazie Tatiana per la testimonianza! Ti auguriamo davvero il meglio <3

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Io non sono solo dolore

Io non sono solo dolore

Tatiana, Michela e Chiara hanno un passato fatto di scuola, lavoro e famiglia. Poi la sofferenza psichiatrica le ha rese fragili nella relazione con il mondo. Qui si raccontano, mentre con l’aiuto di Sacra Famiglia affrontano l’impegnativo percorso verso una maggiore autonomia

Una vita come quella di tanti: scuola, lavoro, divertimento, a volte matrimonio, figli … poi succede qualcosa. A volte improvvisamente, a volte piano piano, la luce si spegne. Poi arriva la diagnosi – schizofrenia, o disturbo di personalità, per fare qualche esempio – a cui segue l’inizio di un percorso psichiatrico. All’interno di questo percorso, che può avere tante tappe, si può incontrare, a un certo punto e per alcune persone, la CPA. «È la sigla di Comunità Protetta ad Alta assistenza», spiega Simona Volpi, coordinatrice di quella di Sacra Famiglia, a Cesano Boscone. «Qui vivono persone con problematiche psichiatriche e cognitive di livello variabile, tendenzialmente lieve o medio». Alcuni sono giovani – sotto i 40 anni – tutti erano stati autonomi e ora non lo sono più.

«Il nostro lavoro consiste nel tentativo di riavvicinarli al mondo esterno», spiega il medico responsabile, lo psichiatra Alessandro Marchesini. «Ma si tratta di un percorso impegnativo per tanti motivi: per loro vuol dire riaffrontare un mondo complesso, da cui si sono allontanati per asserragliarsi in un altro mondo, il loro. Alcuni poi sentono forte lo stigma e l’isolamento sociale, si chiedono “fuori cosa faccio?”, altri vengono da esperienze poco felici in altre strutture, che li hanno segnati. Il vantaggio di essere qui è che possiamo proporre inizialmente percorsi di autonomia all’interno di Sacra Famiglia, per poi affacciarci con maggiore esperienza verso il territorio». I Laboratori, il bar, la chiesa, il campo da calcio, gli stessi viali che circondano le Unità sono tutti spazi dove vivere, mettersi alla prova con diverse attività, partecipare a momenti comuni. Fino al giorno in cui saranno pronti – questo è l’obiettivo – «per affacciarsi di nuovo su quel mondo da cui si sono ritirati, riscoprendolo più accogliente, e meno terrorizzante possibile», come dice Simona.

Nelle prossime settimane daremo voce a tre ragazze – Tatiana, Michela e Chiara. Desiderano stare bene, essere accolte, dire la loro, trovare la serenità… in una parola, essere felici.

STAY TUNED!

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