Nient’altro che la vita Centro Diurno San Francesco
Nient’altro che la vita al Centro Diurno San Francesco
A VOLTE LA FRAGILITÀ È GRANDE. MA LA FORZA DI PIÙ. Simone non vede, non parla e non cammina. Ma ha sempre voluto “esserci”. La mamma Daniela: «Siamo in tanti ad avergli detto di sì». Compresa Sacra Famiglia…
Daniela ha una forza incredibile. E non è un aggettivo trito e ritrito, nel suo caso. Ma anche lei si incrina quando i ricordi risalgono a quella notte di 23 anni fa, quando invece di dormire fissava il telefono in attesa della telefonata dalla Neonatologia dell’ospedale di Monza. I medici le avevano promesso di avvisarla non appena il suo piccolo (piccolissimo, appena 700 grammi di peso) Simone avrebbe cessato di vivere. Nato dopo una lunga sofferenza fetale e un arresto cardiaco in sala parto, rianimato più volte, privato della vista da una retinopatia, piegato da una grave insufficienza renale, «sottoporlo a dialisi sarebbe stato accanimento terapeutico», spiega Daniela, che di cognome fa Ferraro, ha 49 anni, altri due figli grandi e lavora come educatrice in Sacra Famiglia, sede di Settimo Milanese
Quella telefonata non arriverà mai. «Simone ha dimostrato un attaccamento alla vita che ha sorpreso tutti», ricorda la mamma tra le lacrime (e sarà la prima volta che si commuove durante la nostra conversazione: Daniela sorride sempre, non solo con la bocca ma anche con gli occhi). «Sarebbe stato più facile mollare, invece si è attaccato. A quel punto la sua forza è diventata anche la mia: non potevo sperare altro, per lui, che la vita».
«Ho iniziato a godere delle cose, grandi e piccole, che potevano succedere». A partire dalle terapie, che il piccolo Simone inizia subito a casa e in un Centro specializzato, per arrivare alla Scuola dell’Infanzia, che frequenta con gioia per ben sei anni, circondato dalle attenzioni di maestre e compagni. Dopo la Materna, un doppio salto: al Centro Diurno S. Maria Bambina di Sacra Famiglia la mattina, e nel pomeriggio alle elementari, alla primaria Alessandrini di Cesano Boscone, dove sta con i compagni e condivide con loro la palestra, il giardino, l’ascolto della musica o delle favole… A portarlo ovunque è la mamma, che da subito mette in campo tutte le proprie competenze per facilitare l’incontro con il figlio da parte degli altri bambini. «Ho chiesto di incontrarli e ho raccontato loro la storia di Simone», spiega, «sottolineando che siamo tutti diversi e uguali insieme. Hanno sommerso me di domande, e lui di attenzioni e affetto. Quando è uscito, dopo cinque anni, ero certa che avesse contribuito a creare attorno a sé un pezzetto di mondo più accogliente e disponibile».
Oggi Simone frequenta il Centro Diurno San Francesco, che accoglie giovani e adulti con disabilità anche serie, come la sua, o disturbi del comportamento. Un unicum (o quasi) nel panorama di queste strutture, che normalmente sono rivolte a un’utenza più autonoma. «È una grazia che ci siano Centri di questo livello, non è scontato», conferma Daniela mentre guarda sorridendo Simone e interpreta senza difficoltà ogni vocalizzo, ogni espressione di soddisfazione o fastidio.
«È un ragazzo attento, riconosce persone e situazioni, anche se non sappiamo esattamente quanto le comprenda», racconta. «Gli piace il profumo di casa, ama i rumori forti e la voce di suo fratello Emanuele, che ha 18 anni. È sereno. Adora farsi portare in giro in macchina dalla sorella Alessandra, che ne ha 27». Due fratelli speciali e una mamma super che affronta la vita come un leone (ma senza mai mordere), e un papà che rimane presente. Sì, se Simone ha scelto la vita, anche la vita ha scelto lui, donandogli una famiglia di «ambasciatori di normalità».
Come quella volta che Emanuele, in pizzeria, incontrò per caso un suo compagno di scuola. «Ma che cos’ha tuo fratello?», gli chiese l’altro, fissando Simone un po’ basito. Lì per lì Emanuele non rispose, poi si girò verso la mamma e disse: «Come che cos’ha?».