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Andiamo in buca con Salute in Movimento

Andiamo in buca con il golf e Salute in Movimento!

Attività sportive adattate con “Salute in Movimento”

Da maggio 2022 in Sacra Famiglia è stato introdotto il gioco del GOLF, come sport adattato della società sportiva dilettantistica (ASD) GioCare.  Sotto la guida del chinesiologo (specialista del movimento adattato) seguono l’attività 2 volontari: Andrea Calcari (istruttore federale di Golf) e Alessandra Buttè. I partecipanti imparano la corretta esecuzione del gesto, la concentrazione sull’obiettivo e il rispetto dei turni. «Abbiamo inserito piccole gare a squadre», spiega la responsabile di APA Iride Ghezzi, «per permettere agli ospiti di mettersi in gioco e comprendere limiti e punti di forza, oltre ad aumentare il divertimento e l’autorealizzazione».

Il Golf è stato svolto una volta alla settimana, per un totale complessivo di 58 sedute nell’arco dell’anno.

“Stiamo pianificando di attivare altri sport in questo 2023 in aggiunta alle sedute APA (attività fisica adattata) e di ampliare il planning generale delle unità. Abbiamo individuato una serie di sport con l’obiettivo di coinvolgere più ospiti possibile, non solo coloro che sono più facili e facilitati a praticare sport, ma anche i soggetti più gravi, con deficit maggiori e in carrozzina. Gli sport che abbiamo scelto di sviluppare nel 2023 sono, oltre al golf, il gioco delle freccette, il calcio integrato, il gioco delle bocce e il Nordic walking”, dice Iride Ghezzi responsabile di APA.

Come esercizi orientati all’attività sportiva sono stati utilizzati attrezzi classici o non usuali, adattati alle differenti capacità di comunicazione e comprensione dei soggetti attraverso la frammentazione graduale del gesto motorio (task analysis). Per facilitare l’apprendimento del gesto tecnico, l’analisi del compito (T.A.) prevede una situazione stimolo facilitante; il frazionamento di un obiettivo complesso in sotto obiettivi semplici, consequenziali e l’utilizzo di risultati positivi per rinforzare e motivare all’apprendimento del gesto motorio specifico.

Al fine di favorire l’apprendimento degli esercizi proposti nel programma APA sport, sono state introdotte inoltre facilitazioni di aiuto (fading), di imitazione (modeling), di rinforzo comportamentale (shaping) e concatenamento (chaining).

Quali sono gli obiettivi principali?

Miglioramento di Tecnica; Mobilità articolare; Rinforzo muscolare; Coordinazione; Capacità cognitive; Socialità; Disciplina; Autorealizzazione

Le principali difficoltà dell’ospite disabile, oltre all’apprendimento della corretta esecuzione del gesto motorio, sono la capacità di concentrazione sul compito e sull’obiettivo e il rispetto dei turni e del posizionamento negli spazi nel campo durante i tempi di attesa del proprio turno.

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Io non sono solo dolore

Io non sono solo dolore

Tatiana, Michela e Chiara hanno un passato fatto di scuola, lavoro e famiglia. Poi la sofferenza psichiatrica le ha rese fragili nella relazione con il mondo. Qui si raccontano, mentre con l’aiuto di Sacra Famiglia affrontano l’impegnativo percorso verso una maggiore autonomia

Una vita come quella di tanti: scuola, lavoro, divertimento, a volte matrimonio, figli … poi succede qualcosa. A volte improvvisamente, a volte piano piano, la luce si spegne. Poi arriva la diagnosi – schizofrenia, o disturbo di personalità, per fare qualche esempio – a cui segue l’inizio di un percorso psichiatrico. All’interno di questo percorso, che può avere tante tappe, si può incontrare, a un certo punto e per alcune persone, la CPA. «È la sigla di Comunità Protetta ad Alta assistenza», spiega Simona Volpi, coordinatrice di quella di Sacra Famiglia, a Cesano Boscone. «Qui vivono persone con problematiche psichiatriche e cognitive di livello variabile, tendenzialmente lieve o medio». Alcuni sono giovani – sotto i 40 anni – tutti erano stati autonomi e ora non lo sono più.

«Il nostro lavoro consiste nel tentativo di riavvicinarli al mondo esterno», spiega il medico responsabile, lo psichiatra Alessandro Marchesini. «Ma si tratta di un percorso impegnativo per tanti motivi: per loro vuol dire riaffrontare un mondo complesso, da cui si sono allontanati per asserragliarsi in un altro mondo, il loro. Alcuni poi sentono forte lo stigma e l’isolamento sociale, si chiedono “fuori cosa faccio?”, altri vengono da esperienze poco felici in altre strutture, che li hanno segnati. Il vantaggio di essere qui è che possiamo proporre inizialmente percorsi di autonomia all’interno di Sacra Famiglia, per poi affacciarci con maggiore esperienza verso il territorio». I Laboratori, il bar, la chiesa, il campo da calcio, gli stessi viali che circondano le Unità sono tutti spazi dove vivere, mettersi alla prova con diverse attività, partecipare a momenti comuni. Fino al giorno in cui saranno pronti – questo è l’obiettivo – «per affacciarsi di nuovo su quel mondo da cui si sono ritirati, riscoprendolo più accogliente, e meno terrorizzante possibile», come dice Simona.

Nelle prossime settimane daremo voce a tre ragazze – Tatiana, Michela e Chiara. Desiderano stare bene, essere accolte, dire la loro, trovare la serenità… in una parola, essere felici.

STAY TUNED!

Due anelli: La storia di Tatiana

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Un amore immenso

Un amore immenso

Raffaele è un papà straordinario, capace di cose immense e meravigliose. Un papà la cui vita ha cambiato direzione in un attimo, nello stesso attimo in cui, mentre era in autostrada, un camion ha perso il controllo e gli è piombato alle spalle con violenza. Quel giorno, insieme a Raffaele viaggiavano anche la moglie e il figlioletto Mattia, di soli quattro anni.

In quell’attimo è successo tutto, tutto quello che Raffaele ha saputo soltanto ore dopo, risvegliandosi in un letto d’ospedale. Senza sapere come né perché, scopre che la moglie ha perso la vita e che il bambino, a causa del violento trauma, è diventato gravemente disabile.

Con il passare degli anni, anche grazie all’aiuto dei nonni paterni, Raffaele e Mattia superano molte difficoltà, rimanendo sempre uniti. Quando però Mattia non può più rimanere a casa, nonno Giuseppe fa conoscere a loro la Sacra Famiglia.

 

Oggi Mattia è ospite dell’Unità Santa Teresina. Testardo, osservatore, intelligente, Mattia adora ascoltare le canzoni di Irama. Ha bisogno di assistenza continua in tutte le attività quotidiane, ma regala sempre un sorriso a chi gli rivolge attenzione.

Questa è la vita di Mattia, che ha fatto tabula rasa del suo passato, iniziando a godere di tutto ciò che gli succede quotidianamente, sia in Sacra Famiglia, con i suoi operatori, sia con i suoi cari.

 

Raffaele non è stato da meno; anche lui ha scelto la vita, e per ribadirlo ha tatuato sul suo corpo questa frase: “La vita mi ha tolto l’amore ma mi ha dato l’amore di mio figlio”.

Grazie Raffaele perché ci ricordi che è facile avere coraggio quando tutto va bene, ma quando le cose diventano difficili bisogna accrescere la nostra consapevolezza e trovare la forza di affrontare ogni situazione.

 

Educatore: Rocco Mastrolonardo

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Siblings, la restituzione

Si è concluso in Sacra Famiglia il primo ciclo di incontri organizzato da fondazione per i Siblings, i fratelli e le sorelle di bambini e ragazzi autistici o con disabilità.

Il tema è di grande attualità: negli ultimi anni infatti si sono moltiplicati, anche in Italia, i percorsi di supporto per chi è si confronta con un fratello o una sorella disabile. Fondazione Sacra Famiglia ha organizzato gli incontri suddividendoli per le età dei partecipanti, a partire dai piccoli di 6 anni fino ai ventenni; in tutto sono stati una dozzina i ragazzi che hanno frequentato il percorso, condotto dalle psicologhe Cecilia Carenzi, Paola Lotti e Stefania Vacca. E proprio a Carenzi e Lotti abbiamo rivolto alcune domande per tracciare un bilancio dell’esperienza che, vista la grande richiesta, tornerà presto con una seconda edizione.

Il progetto Siblings si avvia a conclusione. Come è andata?

Lotti: È stata una bellissima esperienza, sia per noi che per i ragazzi che vi hanno preso parte. Il clima è stato coinvolgente e positivo, tanto è vero che i partecipanti si sono sentiti liberi di esprimere contenuti intimi e significativi. Se non si fossero fidati, non sarebbe successo.

Carenzi: Per loro è stato fondamentale avere uno spazio dedicato, anche perché hanno ben presente che i fratelli con disabilità hanno continuamente spazi e posti dedicati, loro no. Hanno capito che era «il loro momento», nel quale essere ascoltati ma anche conoscere di più sé stessi e la loro storia personale, certo in relazione a quella dei fratelli, ma centrata sul loro vissuto.

Quali difficoltà sono emerse?

Lotti: Molti hanno la sensazione che il fratello con disabilità sia «al primo posto», ma non lo dicono con rabbia o risentimento, piuttosto con una profonda consapevolezza. Altri esprimono sentimenti di vergogna quando i fratelli mettono in atto comportamenti bizzarri o poco accettati, mentre in altri casi sono emersi sensi di colpa per le belle esperienze che loro possono vivere e i fratelli no.

Carenzi: I ragazzi che hanno partecipato a questi primi incontri hanno mostrato una forte sensibilità molto probabilmente vissuta in famiglia, abbiamo intenzione di riproporre il percorso per consentire anche ad altri di sperimentare uno spazio proprio e per sostenere le famiglie nell’affiancare al meglio i loro figli.

Come li avete aiutati?

Lotti: Dopo averli ascoltati, in molti casi abbiamo legittimato i loro sentimenti e le loro sensazioni, anche negative. La rabbia, la vergogna, perfino il desiderio a volte di scappare a volte sono vissuti emotivi leciti, che possono capitare: molti avevano bisogno di sentirselo dire.

Carenzi: Sì, hanno apprezzato la possibilità di tirare fuori contenuti emotivi negativi senza ricevere un giudizio o una stigmatizzazione. Il progetto Siblings nasce anche per questo, per offrire uno spazio di confronto libero e aperto.

Cosa potremmo dire ai futuri partecipanti al prossimo corso? Cosa possono aspettarsi di trovare?

Lotti: Troveranno un luogo dove ci sono ragazzini come loro, dove liberarsi dall’idea sia di essere gli unici, sia di dover essere i “fratelli perfetti”. Un luogo dove poter essere semplicemente sé stessi.

Carenzi: Non vi promettiamo un posto dove avere subito tutte le risposte, ma dove fare tutte le domande, quello sì.

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Armando, un papà speciale

Armando, un papà speciale

Avere un marito con una disabilità acquisita non è facile. Lo sa bene Maria, moglie del nostro ospite Armando, arrivato in Sacra Famiglia dopo lunghe peregrinazioni da un ospedale all’altro. «Mi sono chiesta tante volte cosa volesse dire questa esperienza, che significato ha», dice Maria, «poi ho capito che tutti i miei sforzi non mi portavano fuori dal tunnel né a rispondere alla domanda “perché a me?”. La risposta non ce l’ho».

Maria però non si è persa d’animo. Determinata e instancabile, lei e i suoi figli sono sempre pronti ad assistere Armando, e di fronte alle difficoltà non si tirano indietro, perché è stato Armando stesso a insegnare a tutta la famiglia che, quando qualcuno ha bisogno, lo si può e lo si deve aiutare con un sorriso, senza chiedere nulla in cambio, poiché il piacere deriva dall’essere utile.

Una vita come operaio marmista, così bravo da riuscire ad arrivare a lavorare alla Veneranda Fabbrica del Duomo, Armando a un certo punto si ammala gravemente e oggi vive all’Unità Santa Teresina. Ha bisogno di assistenza continua, in tutte le attività quotidiane e, pur con stimoli di ogni tipo, non sempre riesce a reagire, tuttavia “c’è”, e a suo modo regala alla famiglia e agli operatori qualche espressione facciale, sorrisi e anche arrabbiature sincere e liberatorie, non meno importanti. Ogni segnale, ogni forma di espressione va valorizzata, «ci accontentiamo, in un mondo che non si accontenta più», come dice Maria.

Ed è proprio lei che, dopo aver ricevuto supporto dalla psicologa e dal resto del gruppo di lavoro del Santa Teresina, oggi ha raggiunto una maggiore consapevolezza delle condizioni del marito, e diventa ogni giorno più forte nell’affrontare la vita per il bene suo, di Armando e dei suoi figli.

Educatore: Rocco Mastrolonardo

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Viva Artù e la Pet Therapy

Viva Artù e la Pet therapy! 

Il cane che vedete nella foto si chiama Artù ed è un bellissi­mo pastore bergamasco che anima, insieme ad altri animali, il laboratorio di Pet Therapy che si svolge nella sede di Settimo Milanese e a cui partecipano una decina di ospiti con Alzheimer e demenza.

Il giorno in cui è stata scattata questa foto, però, il signor Gianni (in carrozzina) non aveva nessuna intenzione di partecipare al gruppo e se ne stava in disparte, sul balcone. Un comportamento che non piaceva affatto ad Artù, che per istinto è portato a «tenere unito il gruppo». Per questo il cane cercava in tutti i modi di riportarlo dentro; magari ci riusciva per cinque minuti, ma poi Gianni tornava sul balcone. Finché, dopo, l’ennesimo tentativo, la “pecorella smar­rita” si è arresa, e Gianni è sbottato in dialetto bresciano: «Va bene, va bene, vengo!».

«Si è riunito al laboratorio ed è anche ri­uscito a esprimersi, raccontando di sé», spiega l’educatrice Clau­dia Oldani. «Una cosa straordinaria, perché di solito è taciturno e riservato. Un traguardo per lui e una grande soddisfazione per noi, come accade ogni volta che riusciamo ad aprire una porta in più per comunicare con gli ospiti».

Un ringraziamento speciale fondazione comunitaria nord Milano

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“Parole fuori Logo”, la riabilitazione va a scuola

“Parole fuori Logo”, la riabilitazione va a scuola

La Riabilitazione è un processo nel corso del quale si porta una persona con una difficoltà/disabilità a raggiungere il miglior livello di autonomia possibile sul piano fisico, funzionale, sociale, intellettivo e relazionale, con la minor restrizione delle sue scelte operative, pur nei limiti della sua menomazione.

Secondo l’OMS, la riabilitazione comprende sostanzialmente la messa in pratica di tutte le misure che sono atte ad evitare o ridurre le conseguenze di malattie o incidenti sulle capacità funzionali individuali e sulla partecipazione sociale, culturale e professionale.

Esistono molte forme di riabilitazione che si basano sull’utilizzo di tecniche, strumenti il cui fine ultimo è portare la persona alla maggior autonomia possibile per una sua integrazione nella società.

C’è anche da sottolineare che la nostra società, non è ancora pronta ad accettare la disabilità, purtroppo in Italia partendo dalle scuole a tutti i luoghi di lavoro e di aggregazione non esiste la cultura della disabilità, il disabile viene comunque visto come diverso.

In Fondazione Sacra Famiglia i Servizi Riabilitativi si occupano di Riabilitazione neuro motoria, ortopedica rivolta agli adulti e all’età evolutiva, di Riabilitazione logopedica rivolta all’età evolutiva, di Riabilitazione psicomotoria rivolta all’età evolutiva, dopo la pandemia che ci ha colpiti nel 2020 si è pensato di ampliare la nostra offerta riabilitativa portando la Riabilitazione, fuori dal perimetro canonico di Fondazione, portandola nelle scuole con il progetto “Parole fuori Logo”.

Il progetto è partito nel 2022 coinvolgendo alcune scuole dell’hinterland con una logopedista ad oggi le logopediste impegnate in questo progetto sono 3 con in carico 22 minori.

Un ringraziamento speciale al partner @fondazionemediolanum 📘.

Contenuto a cura del Responsabile Servizi Riabilitativi

 

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Nient’altro che la vita Centro Diurno San Francesco

Nient’altro che la vita al Centro Diurno San Francesco

A VOLTE LA FRAGILITÀ È GRANDE. MA LA FORZA DI PIÙ. Simone non vede, non parla e non cammina. Ma ha sempre voluto “esserci”. La mamma Daniela: «Siamo in tanti ad avergli detto di sì». Compresa Sacra Famiglia…

Daniela ha una forza incredibile. E non è un aggettivo trito e ritrito, nel suo caso. Ma anche lei si incrina quando i ricordi risalgono a quella notte di 23 anni fa, quando invece di dormire fissava il telefono in attesa della telefonata dalla Neonatologia dell’ospedale di Monza. I medici le avevano promesso di avvisarla non appena il suo piccolo (piccolissimo, appena 700 grammi di peso) Simone avrebbe cessato di vivere. Nato dopo una lunga sofferenza fetale e un arresto cardiaco in sala parto, rianimato più volte, privato della vista da una retinopatia, piegato da una grave insufficienza renale, «sottoporlo a dialisi sarebbe stato accanimento terapeutico», spiega Daniela, che di cognome fa Ferraro, ha 49 anni, altri due figli grandi e lavora come educatrice in Sacra Famiglia, sede di Settimo Milanese

Quella telefonata non arriverà mai. «Simone ha dimostrato un attaccamento alla vita che ha sorpreso tutti», ricorda la mamma tra le lacrime (e sarà la prima volta che si commuove durante la nostra conversazione: Daniela sorride sempre, non solo con la bocca ma anche con gli occhi). «Sarebbe stato più facile mollare, invece si è attaccato. A quel punto la sua forza è diventata anche la mia: non potevo sperare altro, per lui, che la vita».

san francesco sacra famiglia

«Ho iniziato a godere delle cose, grandi e piccole, che potevano succedere». A partire dalle terapie, che il piccolo Simone inizia subito a casa e in un Centro specializzato, per arrivare alla Scuola dell’Infanzia, che frequenta con gioia per ben sei anni, circondato dalle attenzioni di maestre e compagni. Dopo la Materna, un doppio salto: al Cen­tro Diurno S. Maria Bambina di Sacra Famiglia la mattina, e nel pomerig­gio alle elementari, alla primaria Alessandrini di Cesano Boscone, dove sta con i compagni e condivide con loro la palestra, il giardino, l’ascolto della musica o delle favole… A portarlo ovunque è la mamma, che da su­bito mette in campo tutte le proprie competenze per facilitare l’incontro con il figlio da parte degli altri bambini. «Ho chiesto di incontrarli e ho raccontato loro la storia di Simone», spiega, «sottolineando che siamo tutti diversi e uguali insieme. Hanno sommerso me di domande, e lui di attenzioni e affetto. Quando è uscito, dopo cinque anni, ero certa che avesse contribuito a creare attorno a sé un pezzetto di mondo più accogliente e disponibile».

Oggi Simone frequenta il Centro Diurno San Francesco, che accoglie giovani e adulti con disabilità anche serie, come la sua, o disturbi del comportamento. Un unicum (o quasi) nel panorama di queste strutture, che nor­malmente sono rivolte a un’utenza più autonoma. «È una grazia che ci siano Centri di questo livello, non è scontato», conferma Daniela mentre guarda sorridendo Simone e interpreta senza difficoltà ogni vocalizzo, ogni espressione di soddisfazione o fastidio.

«È un ragazzo attento, riconosce perso­ne e situazioni, anche se non sappiamo esattamente quanto le comprenda», racconta. «Gli piace il profumo di casa, ama i rumori forti e la voce di suo fratello Emanuele, che ha 18 anni. È sereno. Adora farsi portare in giro in macchina dalla so­rella Alessandra, che ne ha 27». Due fratelli speciali e una mamma super che affronta la vita come un leone (ma senza mai mordere), e un papà che rimane presente. Sì, se Simone ha scelto la vita, anche la vita ha scelto lui, donandogli una famiglia di «ambasciatori di normalità».

Come quella volta che Emanuele, in pizzeria, incontrò per caso un suo compagno di scuola. «Ma che cos’ha tuo fratello?», gli chiese l’altro, fissando Simone un po’ basito. Lì per lì Emanuele non rispose, poi si girò verso la mamma e disse: «Come che cos’ha?».

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Il “dopo di noi”: La storia di Ottavio e Chicco

Il “dopo di noi”: La storia di Ottavio e Chicco

“Una struttura come la Sacra Famiglia, mi ha subito sollevato il cuore e permesso di alleviare la preoccupazione per il futuro di mio figlio”. Ecco il bellissimo ricordo del signor Ottavio, il papà di Chicco.

Claudio, per tutti Chicco, è nato a dicembre del 1961. Tutti lo chiamavano Chicco perché era molto piccolo (a un anno pesava soltanto 3,5kg).

Papà Ottavio e sua moglie si rivolsero a ospedali e specialisti per circa un anno fino all’incontro con il Professor Puscè che fece una diagnosi chiara e puntuale: “Vostro figlio è ipotiroideo”. Diede a Claudio delle pastiglie da prendere e volle rivederlo dopo poche settimane. Grazie alla terapia il bambino iniziò a crescere, ma il Professore da subito chiarì che “il ragazzo sarà recuperato fisicamente, ma mentalmente purtroppo sarà impossibile”…

Guarda il video con la storia completa!

Con questa intervista vogliamo ricordare il Signor Ottavio, un uomo davvero speciale.

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NAIDE, NESSUNO È “IMPOSSIBILE”

NAIDE, NESSUNO È «IMPOSSIBILE»

Aggressiva con sé stessa e (soprattutto) con gli altri, si era fatta la fama di inavvicinabile, rischiando di rimanere isolata. Ma la tenacia degli operatori di Sacra Famiglia ha saputo intercettare quello che nascondeva e “tirare fuori” la vera Naide. Che oggi sorride. E riesce perfino a ballare!

 

È il 2007, e Naide ha 11 anni quando la sua famiglia chiede un aiuto alla Fondazione. A casa è un disastro: la bambina è forte e violenta, picchia, aggredisce, morde, si accanisce per fare del male; rabbia, urla e scenate sono all’ordine del giorno, i farmaci non servono a niente. La diagnosi è «disturbo pervasivo dello sviluppo e ritardo mentale grave» con pesanti problemi del comportamento.

 

«Oggi i disturbi gravi del comportamento sono una delle sfide principali per le organizzazioni come la nostra», osserva Michele Restelli,  Direttore Servizi Disabili di Sacra Famiglia. «Una sfida che abbiamo raccolto e che cerchiamo di vincere ogni giorno per dare una possibilità nuova di vita a chi sembra non averne». La prova vivente è lì, in una Naide che oggi, a 26 anni, balla in mezzo agli altri ospiti.

Come ci si è arrivati? «Ci sono voluti anni e un lavoro paziente e personalizzato», precisa l’educatore Tonino Astuto, 45 anni, che la segue presso l’Unità San Riccardo.

“Dire che puntiamo per Naide a una vita normale sembrerà forse eccessivo, ma dobbiamo avere questo obiettivo, insieme possiamo farcela. Abbiamo un sogno: dopo la danza, vorremmo sentirla parlare …

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