LA FONDAZIONE

MONS. DOMENICO POGLIANI

Un prete testimone del suo tempo

È in corso la causa per la canonizzazione di mons. Domenico Pogliani, fondatore nel 1896 della Sacra Famiglia a Cesano Boscone, all’epoca piena campagna milanese.

Ripercorriamo la sua vita perché è stata una figura lungimirante, in grado di creare una delle più ampie realtà caritative della Diocesi, e rimane quindi un esempio per la comunità.

 

La giovinezza

Domenico, figlio primogenito del maniscalco Felice Pogliani e di Regina Guani, nacque il 18 dicembre 1838 nel centro di Milano, capoluogo del Lombardo-Veneto. I genitori di Domenico, cristiani convinti, lo indirizzarono a frequentare l’Oratorio di S. Luigi, una delle istituzioni più attive nel campo dell’educazione della gioventù.

Domenico compì i primi studi nelle scuole pubbliche e solo all’età di diciannove anni, nel 1857, entrò nei seminari minori diocesani e poi, per gli studi teologici, nell’antico Seminario Maggiore di Milano. Fu ordinato sacerdote il 25 maggio 1861 nella cappella del Seminario Maggiore dal vescovo di Crema, Pietro M. Ferrè.

 

Prime esperienze pastorali
Il primo incarico pastorale fu quello di coadiutore nella parrocchia di Rosate, un paese di 2.600 abitanti situato nella campagna della Bassa milanese. Qui don Domenico acquisì una prima esperienza diretta delle condizioni di vita e di lavoro in cui versava la gente della campagna, condizioni che diventavano disperate allorché malattia o vecchiaia rendevano le persone inabili al lavoro esponendole alla miseria e all’abbandono.

L’intensissimo lavoro pastorale gli minò gradualmente la salute, lo esaurì e dopo otto anni lo costrinse a letto. Dovette pertanto lasciare Rosate per un luogo dal clima più salubre, che gli permettesse di riprendere le forze. I superiori lo destinarono a Lecco, ma il medico consigliò un nuovo trasferimento a Trenno, borgo situato a nord di Milano. Per non affaticarlo troppo, gli venne affidato un incarico leggero, ma don Domenico volle essere prete a tempo pieno, frequentando anche altri territori per la predicazione. L’energia sorprendente da lui dimostrata nonostante la gracile complessione, lo zelo che lo animava, l’attitudine alla predicazione erano doti che non passarono inosservate agli occhi dei superiori, che gli affidarono un incarico più delicato e impegnativo: nell’autunno del 1870 venne destinato come coadiutore nella parrocchia del Duomo di Milano.

Coadiutore nel Duomo
Dopo l’esperienza acquisita in ambiente agricolo, si trovava ora a operare nel centro pulsante di Milano che, con i suoi 200.000 abitanti, si incamminava a diventare metropoli, con i travagli e le contraddizioni della incipiente civiltà industriale.
Oltre alle ordinarie occupazioni di coadiutore, don Domenico avviò la ripresa della predicazione degli esercizi spirituali per i sacerdoti secondo il metodo ignaziano a Verderio Superiore. Don Domenico arrivò a tenere fino a sei corsi in un anno. Il successo degli esercizi per il clero lo indusse ad estendere questa pratica anche ai laici.

 

Prevosto di Cesano Boscone
Il 23 ottobre 1883 venne nominato prevosto di Cesano Boscone, allora un modesto borgo agricolo di circa 1.300 abitanti, per gran parte contadini affittuari.
Nella mente dei superiori questa doveva essere una destinazione quasi di riposo per il suo fisico, gracile e logorato dalle fatiche. Egli però non era un uomo fatto per il riposo, e subito dopo il suo arrivo pose mano a una serie di iniziative tese alla creazione o al miglioramento delle strutture e delle attività parrocchiali.
Don Domenico era persuaso del valore fondamentale della formazione umana e cristiana, da iniziare sin dalla più tenera età. E dunque pensò subito a creare un asilo per l’infanzia, coinvolgendo la signora Maria Monegherio, proprietaria di case e di terre.
La chiesa parrocchiale di Cesano era assai mal ridotta e necessitava di un intervento radicale. Domenico, per raccogliere i fondi necessari a un’opera così cospicua, riuscì a coinvolgere tutta la popolazione, anche fuori dei confini parrocchiali e la chiesa fu consacrata il 4 settembre 1899 dal vescovo ausiliare e vicario generale mons. Angelo Meraviglia Mantegazza.

Di fronte alla miseria e alle sofferenze di tanti fratelli
L’esigenza di provvedere ai poveri nasceva in mons. Pogliani dalla constatazione che alla beneficenza non sempre presiedesse un criterio equamente distributivo “giacché mentre la si vede quasi prodiga nella città, la si deve deplorare assai scarsa nella campagna.”
Il pensiero dei vecchi abbandonati suscitò nel suo cuore l’urgenza di provvedere in qualche modo. Don Domenico scelse come modello di santità e di azione caritativa l’allora servo di Dio Giuseppe Benedetto Cottolengo, anch’egli sacerdote. Il lavoro e la preoccupazione fecero declinare la sua salute. I medici dopo vari consulti si trovarono d’accordo sulla gravità del male e che solo un intervento soprannaturale l’avrebbe salvato. Il prevosto, che ne aveva sentore, si raccomandò con una novena alla Madonna del Rosario e il sesto giorno della novena, dopo il Santo Viatico, si trovò improvvisamente migliorato, entrò in convalescenza e poté riprendere presto i suo ministero. Questa guarigione quasi miracolosa, ottenuta per intercessione di Maria SS.ma il 1° novembre 1892, fu ritenuta da don Domenico un conferma che il Signore lo conservava in vita per poter realizzare l’opera che aveva in cuore. Da allora più nessuno lo trattenne dalla realizzazione del progetto: ottenne dalla signora Monegherio dodici pertiche di terreno e, mentre il primo fabbricato stava ancora sorgendo, accolse subito in casa sua i primi ricoverati coi quali sedeva a mensa e divideva il giaciglio mentre alcune ragazze della parrocchia lo aiutavano nell’assistenza.

Le vicende dell’Ospizio
L’Ospizio aprì i battenti il 1° giugno 1896, inaugurato da quel primo gruppetto di ciechi, vecchi e disabili che ospitava da qualche mese in casa sua. La prima casa dell’Ospizio costò L. 56.000. Don Domenico l’aveva iniziata spendendo fino all’ultimo centesimo quelle 20.000 lire che egli teneva in serbo per la casa dei poverelli del Signore; il resto lo procurò la Provvidenza.

Ben presto nel progetto del fondatore entrarono anche i bambini, gli orfani. “Super omnia charitas” è il motto voluto dal Pogliani: al di sopra di tutto la carità.
Dopo aver avuto per due anni la collaborazione di alcune brave giovani della parrocchia, don Domenico nel 1898, ottenne alcune Suore di Maria Consolatrice. Nel 1903 a queste subentrarono le Suore della Carità, dette di Maria Bambina.
La prima casa infatti non rimase sola a lungo. Nel 1896 il prevosto Pogliani eresse il ramo Sud dell’Ospizio comprendente l’ingresso, la direzione ed alcune sale di degenza; in seguito elevò il ramo di ponente. Questa prima parte del ricovero attirò l’attenzione e la generosità delle persone di buon cuore e così, dopo qualche anno, si poté aggiungere il ramo di levante e la casa del direttore.
L’utilità dell’Ospizio si andava affermando e le richieste di ricovero crescevano in un modo superiore alle possibilità di accoglienza e quindi i reparti continuarono ad aumentare.

Ultimi giorni
Già avanzato in età e logorato nella salute, ma ancora pieno di forza d’animo, lo si vedeva percorrere le vie di Milano per scuotere le anime alla carità, dimentico del disturbo che negli anni gli recavano i calcoli renali.
Presagendo prossima la fine, mons. Pogliani ebbe l’umiltà e la saggezza di affiancarsi un collaboratore al quale poter affidare l sua creatura. La sua scelta cadde su don Luigi Moneta, che già da qualche anno veniva a coadiuvarlo nell’assistenza spirituale ai ricoverati. Egli fu poi il suo successore nella direzione dell’Istituto.
Quasi improvvisamente, il 25 luglio 1921, sopraggiunse un attacco apoplettico: Monsignore l’avvertì, ed ebbe appena il tempo di ricevere coscientemente i sacramenti e di benedire per l’ultima volta la sua parrocchia, il suo Ospizio. Poi, sorridente, spirò.
La salma di Mons. Pogliani, per espresso suo desiderio, fu tumulata nel cimitero dell’Ospizio.

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